Amo viaggiare. Amo farlo in compagnia dei miei figli e, questo, l’ho scoperto solo dopo la nascita del mio terzo bambino.
Se infatti prima dell’arrivo di Enea ero fermamente convinta che fosse deleterio viaggiare con dei bambini molto piccoli (deleterio sia per i genitori che per la prole), subito dopo il suo arrivo ho invece compreso quanto ottusa fosse stata la mia mente fino a quel momento.
La mia eccessiva protezione nei confronti dei miei figli e la costante paura di poter sbagliare nelle scelte che li avrebbero coinvolti, ha fatto si che non mi soffermassi mai a pensare a quanto invece sarebbe stato per loro bello vivere delle avventure diverse dal monotono e ripetitivo quotidiano.
Non mi sono mai fermata a pensare quanto invece ai loro occhi – ma anche ai nostri – le avventure vissute, dalle più semplici alle più elaborate, sarebbero potute essere per loro motivo di gioia e stupore.
E tutto iniziò principalmente a causa del mio lavoro. Un lavoro che mi da la possibilità di gestire le mie esigenze di madre salvaguardando quelle dei miei figli, senza però rinunciare anche a continuare a vivere la mia vita professionale.
Ho compreso anche che, in alcune occasioni, far si che questi due aspetti vivessero in simbiosi senza intoppi, non sarebbe stato facile, ma la determinazione e la pazienza sono stati certamente un ottimo sprono nel riuscire sempre e comunque a farcela.
Tutto è iniziato con il primo volo di Enea. Quando aveva solo un mese e quattro giorni di vita.
Fu un’esperienza bellissima nonostante la novità scombussolò alcuni attimi della giornata ma, esattamente quel giorno, compresi che se solo avessi voluto, tutto sarebbe stati possibile per noi. Per tutti noi.
E fu così che iniziammo a viaggiare tanto di frequente, che diventò presto un’abitudine. Una bella abitudine.
I primi mesi furono di facile gestione sotto alcuni punti di vista, e molto complicati sotto altri. E le complicanze aumentarono nei periodi successivi considerando il repentino sviluppo che ogni bambino ha nel suo primo anno di vita.
Le ore di sonno che diminuiscono nel tempo, la ricerca di attenzione e la voglia di interagire con il mondo che aumenta. Lo svezzamento. Quello fu sicuramente uno degli ostacoli che mi frenò di più.
Eppure, riuscimmo sempre a superare tutto imparando di volta in volta a conoscerci un po’ meglio.
Voli nazionali, mezzi pubblici, estenuanti e lunghi viaggi in macchina, taxi, pullman, treni.
Negli ultimi quasi due anni, posso dire con abbastanza convinzione, credo di essere riuscita a salire su qualsiasi mezzo di trasporto immaginabile e di essere sempre sopravvissuta in modo indenne.
Prima con uno, poi con due. E, alla fine, sono arrivati i viaggi con tutti e tre i miei bambini.
Anche da sola e più di una volta, soprattutto da quando la mia dolce metà si è trasferita lontano da noi.
Ed è stato soprattutto questo che mi ha fatto capire quanto le esigenze dei bambini crescono di pari passo affiancate a quelle dei genitori.
Gli stratagemmi ben studiati sono il miglior modo per riuscire a “sopravvivere” a brevi o lunghi periodi lontano dalle proprie abitudini e tutto, ma proprio tutto, va davvero studiato nei dettagli.
Viaggiando infatti ci si può dimenticare una bottiglia d’acqua o uno snack. Ci si può dimenticare un omogenizzato o un pannolino.
Persino la crema per il cambio è reperibile ovunque in caso di emergenza ma una cosa che non può mancare e non deve mancare al fianco di un genitore è il giusto passeggino. E io che, ad oggi, ne ho provati davvero di diversi, posso dire che non tutti sono uguali e che, come non smetterò mai di ripetere, ad ogni tipologia di genitore e di figlio, corrisponde un passeggino diverso. O quasi.
Le abitudini di ogni mamma non si differenziano mai di troppo dalle “colleghe” nonostante ognuna di noi abbia i propri gusti, le proprie abitudini e le proprie esigenze. Se c’è però qualcosa che accomuna bene o male tutte e sicuramente la scelta di quello che dovrebbe essere il mezzo di trasporto che accompagna una mamma e un papà nei primi tre anni di vita.
Deve avere determinate caratteristiche, deve essere in un modo piuttosto che in un altro. Ma, soprattutto, deve piacere esteticamente, e non sempre tutto ciò che piace risulta essere poi un ottimo acquisto.
Questo fino a che le decine di ricerche online non ti portano all’inevitabile conclusione che, prima o poi, vorrai un passeggino leggero. Magari compatto.
Eliminare l’ingombrante passeggino del trio è infatti il primo grande passo di quasi tutti i genitori alla prima esperienza dove un passeggino compatto Baby Jogger è la soluzione.
Perché già alla seconda non ti fai fregare così facilmente.
Parlando con cognizione di causa e dopo essermi gustata in lungo e in largo gran parte dello stivale in compagnia di tre piccole pesti, almeno personalmente, del passeggino compatto non ne potrei più fare a meno.
Non potrei rinunciarci perché siamo in cinque ma abbiamo una macchina tascabile.
Non potrei rinunciarci perché ho l’esigenza di portare con me il passeggino ovunque. Persino sull’aereo sapendolo a portata di mano fino alla scaletta di imbarco sfoderandolo alla discesa dell’ultimo scalino non appena atterrati.
Non potrei rinunciarci perché con tre figli la maggior parte di ciò che vaga per casa appartiene a loro e avere anche un enorme quattro ruote in mezzo a qualche stanza sarebbe solo un impiccio in più.
Un po’ come nella nostra casa di Torino, una reggia di 50 mq a voler essere ottimisti, dove riuscivo a nascondere di fianco alla scarpiera il nuovo Baby Jogger City Tour Lux facendo si che nello spazio limitassimo a nostra disposizione, non influisse anche una presenza scomoda.
Io che dopo aver abbondantemente stra-usato e mai abbandonato il suo modello precedente in lungo e in argo, ero persino scettica per questo nuovo modello nonostante, esteticamente, mi attragga mio più dell’altro.
Uno scetticismo scomparso dopo il primo utilizzo, e dopo la prima vera prova di viaggio. Colei che fa da tester a tutti i nostri quattro ruote.
Quando infatti si sopravvive ad un viaggio con dei bambini piccoli, il merito di mal di schiena evitati dopo un’intera giornata fuori casa, va dato per forza al passeggino.
O almeno è così per me visto che di baby quattro ruote ne sono sempre stata dipendente abituando anche i miei figli a fare lo stesso.
Provando il nuovo Baby Jogger City Tour Lux, ho capito quanto questo brand continui a stare attento ai particolari non solo estetici, ma soprattutto pratici.
Immaginiamo quindi una mamma che in compagnia di tre bambini deve salire e scendere da un mezzo pubblico o, magari, da diversi nella stessa giornata.
Piena di borse, giubbottini nel caso facesse freddo e svariati accessori necessari alla sopravvivenza. Una che, insomma, ha sempre le mani impegnate con qualcosa. Entrambe le mani.
È indispensabile per lei poter far tutto utilizzando una sola mano perché, ci certo, entrambe libere non le avrà mai e, se parliamo di quattro ruote, pesino il passeggino deve essere strutturato in modo tale che venga usato con agilità.
Un esempio potrebbe essere aprire e chiudere un passeggino con una sola mano e senza sudare sette camice, esperimento ben riuscito con il “vecchio” City Tour e ritrovato nella versione Lux.
Stesse caratteristiche con un miglioramento nel design e nel fatto che, come pochissimi altri modelli in commercio, sia un passeggino compatto trasformabile in trio.
Un trio compatto.
Diciamo che se avessi avuto un neonato tra le mani, negli ultimi mesi, probabilmente dopo la cultura avuta in questi anni di maternità, questa sarebbe stata la soluzione più adatta alle nostre esigenze di famiglia numerosa distribuita in piccoli spazi. Per viaggiare con praticità e comodità ma, anche, non esclusivamente per questo.