Ci sono cose della mia vita che sono certa di non aver mai raccontato.
Momenti felici, alcuni più tristi, altri ancora divertenti e basta. Momenti che se riaffiorassero tutti alla mentre non mi permetterebbero più di avere un blog tutto mio perché, per raccontarli, servirebbe più un’enciclopedia dei ricordi.
Un mix di pesanti volumi contenenti centinaia di pagine dove poter scrivere tutta la mia storia e tutti quei momenti che mai avrei voluto dimenticare ma che, in realtà, in qualche modo non ricordo più molto bene. Questo nonostante abbiano in qualche modo piacevolmente o meno segnato la mia esistenza.
Se esistesse davvero un’enciclopedia però, quello che chiederei è il poter avere a pari numero una fornitura extra di volumi dedicata solo ai momenti imbarazzanti.
Imbarazzo a scuola, imbarazzo al lavoro, imbarazzo nella vita privata.
Di momenti imbarazzanti credo di averne collezionati molti più di quelli che, e aggiungo fortunatamente, la mia testa ha la possibilità di contenere. Più di quanto la mia stessa bocca abbia il coraggio di raccontare.
Momenti imbarazzanti vissuti in ogni luogo, in ogni lago e in ogni dove.
Momenti che spesso non solo vorresti dimenticare (che poi in realtà sono quelli che rimuovi addirittura con molta più fatica nonostante sia tu a far si che i neuroni si fortifichino per sovrastarne il riaffioramento) ma che hai persino il timore che qualcuno possa ricordare al posto tuo.
Qualcuno che, in quel momento da “vorrei trasferirmi in Alaska, all’interno di un iglu e circondata solo da orsi polari e pinguini” puntualmente riesce ad essere partecipe, attivo e spettatore in prima fila della tua colossale figuraccia.
Una persona che, ad averlo saputo prima, avrebbe potuto quanto meno organizzarsi con una video camera di quelle professional. Così forse, con un filmato montato a dovere, il primo premio a paperissima sprint sarebbe potuto essere tuo rendendo così più sopportabile quel momento imbarazzante.
So per certo però di avere vissuto nella mia vita tanti momenti così, e se di solito si vorrebbe solo poterli dimenticare, ho anche capito che spesso in questo “difficile mondo delle donne” il bello, il più delle volte, è sapere di non essere sole nell’aver vissuto quella stessa esperienza.
Il bello di raccontarsi e saper ascoltare, è che ti aiuta capire quanto in realtà si può essere simili ad altre persone e a quanto alcune esperienze di vita possano aiutare altri a superare gli stessi momenti.
Nel caso dell’imbarazzo poi, è un po’ come sostenersi a vicenda piangendo da un occhio solo.
E io, almeno in merito a questo fatto che ricordo esattamente come se fosse accaduto ieri, quel giorno piansi da tutti e due.
Quel giorno, forse il più imbarazzante della mia vita, sarei solo voluta evaporare nell’aria auto-eliminandomi dalla faccia della terra. Un po’ come le pozze d’acqua presenti in cima alle dune del deserto del Sahara.
Eppure di quel pomeriggio ho impresso nella memoria ogni istante osservato e ogni parola ascoltata.
Comprese quelle che fuoriuscivano dalla mia bocca e che per educazione non sto di certo qui a trascrivere.
Da quel giorno sono passati quasi sei anni.
Erano quindi, più o meno, i primi giorni di dicembre del 2012. Giorno più giorno meno.
Avevo da poco partorito il mio primo figlio. Un bimbo che si sarebbe potuto descrivere utilizzando esattamente le parole delle nonne: “questo bimbo mangia e dorme”.
Cesare ad una settimana dalla nascita era una bambino preciso nei suoi orari e, illusoriamente, molto dormiglione. Questo ci permise, a me e a mio marito non allora marito, di gestire tutti i suoi e nostri bisogni proprio durante questi suoi lunghi pisolini.
Bisogni che potevano concernere qualsiasi cosa. Dall’acquisto dei pannolini, alle trafile per i documenti in giro per i vari uffici, dalla pasta per il cambio alle mille mila inutili cose che una neo prima mamma acquista come se di figli ne avesse dovuti partorire dieci.
Routine bene o male nella norma.
Andammo in quello che allora era il mio negozio di fiducia.
I ragazzi che ci lavoravano erano tutti (o quasi) miei ex colleghi e a quel posto (oltre che tutti loro) ero davvero molto affezionata. E da un lato, forse, questa confidenza che mi legava a molti di loro, dato ciò che successe poco dopo il mio arrivo, fece si che io non mi trasferissi dall’altra parte del mondo attraversando l’intero oceano a nuoto.
Arrivai in negozio e, come di consueto, oltre alla lista di cose da comprare mi ritrovai a vagare per i settori del negozio alla ricerca di qualcosa che potesse servirmi e che presa dal nuovo momento, mi fossi eventualmente dimenticata di scrivere nella lista delle cose da acquistare.
Ad un certo punto ricordo, come se non fossero mai passati sei anni, una sensazione di svuotamento. La prima della mia vita.
Conoscevo bene infatti la sensazione che ti da il ciclo in quei giorni di abbondanza. Quei giorni in cui ti senti straripare come un fiume in piena, ma quella sensazione fu decisamente molto più intensa.
Ricordo che mi immobilizzai e che chiamai Salvo chiedendogli di venirmi incontro.
Restammo fermi li nel cercare di capire cosa stesse succedendo. Io rimasi pietrificata nel cercare di capire cosa stesse succedendo e le mie uniche parole nell’istante successivo furono “credo di dovermi cambiare l’assorbente“.
Per chi non lo sapesse infatti, nel post parto il flusso di sangue che ne consegue è nettamente superiore a quello di un normale ciclo mestruale.
È nettamente superiore come quantità e anche come durata.
È sempre tutto molto soggettivo ovviamente, ma dal mio canto posso dire che la prima esperienza fu tutto tranne che idilliaca.
Il tempo di realizzare che mi sarei dovuta cambiare l’assorbente ormai colmo nel giro di pochissimi secondi, iniziai a gocciolare sangue dal cavallo dei pantaloni. Ripeto: gocciolò sangue dal cavallo dei pantaloni.
Da un lato la fortuna volle che proprio quel giorno decisi si indossare un paio di leggins neri, ma l’imbarazzo che si creò dopo non fu purtroppo ovviato da questa mia scelta.
Ad ogni passo, spostandosi l’assorbente, il gocciolio aumentava lasciando una scia di enormi macchie rosse sul pavimento per tutto il percorso che mi separava dalla prima toilette pubblica presente dall’altra parte del negozio. In un punto vendita che contava solo 1000 mq quadrati di pavimento.
Fu un incubo.
Il non marito insieme ad una ex collega, mentre mi dirigevo a gambe strette verso il bagno, cercavano di recuperare allarmati ogni qualsivoglia oggetto per aiutarmi a gestire al meglio quella situazione: chi gli assorbenti e chi le traversine. Chi rotoloni di scottex e chi uno straccio per pulire il pavimento.
Fu davvero brutto per me fare slalom attraverso le persone per cercare di arrivare nel bagno cercando di capire cosa fosse successo e alla fine lo raggiunsi. Più tardi di quello che avrei voluto ma lo raggiunsi.
Scoprii di avere un piccolo grumo di sangue che, staccatosi dalle pareti uterine, fece lo stesso lavoro di una bottiglia con il tappo rivolto verso il pavimento.
Tolto il tappo ecco che tutto il contenuto scende a litri e senza freno.
Ricordo che ci fu un intero negozio da pulire per ogni piastrella sulla quale passai e per ogni cosa che involontariamente o non, toccai. E ricordo che maledissi quegli assorbenti tanto da non volerli mai più ne vedere e usare.
Sarò anche onesta: quello, di tre parti naturali, fu l’unico caso veramente ingestibile (e meno male)
Perdite di sangue abbondantissime. Perdite che durarono oltre un mese per non dire quasi due.
Fu un’esperienza davvero sconveniente. Almeno per me.
Soprattutto paragonandola alle successive, quell’esperienza mi fece capire che probabilmente la soluzione dell’assorbente non era stata per me la più comoda. Ma sono onesta nel dire che l’idea di utilizzare un pannolino da donna non mi entusiasmava affatto. Pernienteproprio.
I due post parti successivi furono nettamente diversi nonostante siano stati vissuti con l’incubo costante che potesse riaccadere tutto di nuovo. E nonostante tutto scelsi ancora gli assorbenti perché non trovavo una soluzione a me adatta come sostituto degli stessi.
Ma quanti ne cambiavo ogni giorno… Trascorrevo il mio quotidiano con il terrore di rivivere la stessa scena della prima volta e questo faceva essere mai tranquilla.
Ebbi però la possibilità di provare “un pannolino” solo dopo mio ultimo parto.
Nonostante avessi in valigia un intero pacco di assorbenti, l’ostetrica che mi fece partorire mi aiutò nell’indossare quello che inizialmente credevo fosse uno scherzo di carnevale. Peccato solo fossimo a settembre.
Contraria nell’utilizzarlo, onestamente, mi dovetti ricredere.
Certo non era il massimo della vita indossare un vero e proprio pannolino nella versione maxi rispetto a quello che avevano appena messo a mio figlio, ma siamo onesti: avevo appena partorito e non ero certo pronta per fare una sfilata di moda. L’unica cosa è che pensai fu “se fosse stato meno ingombrante ed invadente, probabilmente sarebbe stata la mia scelta migliore rispetto agli assorbenti“.
Oggi , due anni e tre mesi dopo quell’ultimo parto, sono ancora convinta che la mutandina sia decisamente migliore dell’assorbente. Ti fa sentire più sicura, ti fa sentire più libera evitando di temere che qualcosa possa fuoriuscire o che si possa spostare.
Perché gli assorbenti post parto si spostano. Sempre.
E poi sono di un imbarazzante gigantesco, diciamocelo.
Quando quindi ho scoperto che, oserei dire finalmente, Lines ha creato la sua linea di mutandine post parto, pur non servendomi affatto ho voluto provarle: Lines Specialist Maternity
E come detto sopra, so che il ciclo mestruale è ben diverso dalle perdite che ne conseguono dal post parto, ma testarle era l’unico modo di capire quanto davvero valessero la pena.
Volevo capire quanto questi pants fossero effettivamente comodi e invisibili. Perché a nulla serve una mutandina assorbente se equivale a provare la stessa scomodità e imbarazzo che si prova nell’indossare un assorbente post parto.
Ed è probabile appunto che non possa dare una reale opinione sulla tipologia di assorbenza proprio per mancanza di “quantità”, ma se l’esperienza è sempre utile a qualcosa, una mutandina che fasci bene sia le cosce che la vita è in grado di prevenire e contenere qualsiasi tipo di perdita.
Soprattutto se consideriamo che, nel periodo del post parto, quello che viene utilizzato come prodotto assorbente deve essere comunque cambiato di frequente per questioni prettamente igieniche.
Una manovra necessaria indipendentemente dal tipo di parto affrontato.
E poi, quello che ho riscontrato, è che i Lines Specialist Maternity sono sottili. Anzi a dirla tutta sono sottilissimi.
Sono così sottili che ho voluto indossarli per diversi giorni sotto i jeans.
Li ho indossati senza problemi per uscire di casa senza sentirmi in imbarazzo come invece è successo dopo ogni parto negli ultimi sei anni.
Uscire con il timore che si spostasse l’assorbente o che si vedesse il “l’enorme fagotto” in mezzo alle gambe.
Uscire convinta di avere addosso gli occhi di tutti proprio per il disagio causato da una situazione che va avanti da millenni: il post parto. Una situazione resa più complicata dall’indossare l’assorbente sbagliato.
Ho indossato i Lines Specialist Maternity ricordandomi delle volte dopo delle ore di averli ancora addosso. È più volte, in quei momenti, ho rimpianto la loro assenza quando ad averne bisogno sarei stata io.
Se oggi quando qualcuno quindi oggi mi chiedesse “sono migliori gli assorbenti post parto indossati con le mutandine usa e getta o è meglio l’assorbente a mutandina?“, indubbiamente risponderei la seconda.
E na non tanto per quell’unica esperienza vissuta subito dopo il mio terzo parto, dove mi misero un vero e proprio pannolino della terza età (sicuramente contenitivo e comodo ma indubbiamente imbarazzante quanto l’assorbente), ma proprio perché negli anni ho avuto modo di provare diverse soluzioni, diverse alternative e diverse tipologie.
E un prodotto come Lines Specialist Maternity mancava davvero.
Mancava un prodotto così da poter mettere nella valigia per il parto da portare quando ci si reca in ospedale, consapevole che sarà un’alleato indispensabile fin dal primo momento dopo aver conosciuto il proprio bimbo.
Mancava per potersi sentire comode in un momento così importante com’è quello della nascita di un bambino.
Mancava per potersi sentire belle nonostante il corpo sia indubbiamente mutato in quei nove mesi appena conclusi.
Mancava potersi sentire libere seppur vincolate dalle perdite post parto che, almeno per esperienza, non sono mai un granché piacevoli.
Da mamma che ha dovuto vivere più part gestendoli in modo molto differente, sono certa consiglierei questi pants ad una donna in procinto di partorire. Io stessa nonostante abbia chiuso bottega nella produzione di piccoli umani, sceglierei ad occhi chiusi i Lines Specialista Maternity. E forse, in un giorno molto lontano, sarà anche così.
Perché quello che ho imparato nella vita è che non bisogna “mai dire mai“. Soprattutto quando si parla della mia imprevedibile famiglia.
E a tutte le future mamme che vorrebbero provare i nuovi Lines Specialist Maternity, lascio il codice MAMMACHEVITA per poter acquistare il prodotto con lo sconto di 1€ direttamente dal loro sito, in quanto i Lines Specialist Maternity vengono venduti solo online.
4 comments
Che rifarà! Pensa che io con un normale ciclo a volte fortunatamente nn sempre, ho di questi problemi e quindi potrei prendere in considerazione quando esco, l eventualità di usare quedta mutandina xché più di una volta mi sono trovata in questa situazione in mezzo alla gente con i jeans pieni zeppi fino alle ginocchia. Grazie per quest post
Effettivamente per chi ha problemi di perdite importanti anche durante il ciclo, questa potrebbe un’ottima soluzione. :*
ehhh,conosco questo….per fortuna e’ passato.
Che pessima esperienza!!